Avvicinarsi al Santissimo Sacramento non è un gesto per pochi, ma un dono che appartiene a tutti.
Non si tratta di una pratica riservata a chi si sente perfetto o vicino alla santità, bensì di un momento in cui ciascuno, con la propria fragilità, può riconoscere la bontà infinita di Dio. L’adorazione eucaristica, spesso fraintesa come un esercizio di devozione per i “più pii”, è in realtà una sorgente di grazia che rigenera la vita spirituale. In una recente intervista, padre Pablo Fernández-Martos ha spiegato come questo incontro silenzioso con Cristo realmente presente nell’Eucaristia non sia un premio per chi non ha peccato, ma una medicina che guarisce le ferite interiori. È il luogo dove la misericordia di Dio si rende tangibile e dove il cuore dell’uomo trova la forza di rialzarsi.
La misericordia di Dio più grande del peccato
Padre Fernández-Martos ha chiarito che proprio la nostra condizione di peccatori rende indispensabile avvicinarci a Gesù nell’Eucaristia. Il diavolo, ha detto, tenta l’uomo convincendolo a fuggire da Dio dopo il peccato, come fecero Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden. La verità è invece opposta: nel momento della caduta, ciò che dobbiamo fare è correre verso Cristo, non allontanarci.
“Quando ho peccato – ha spiegato – la cosa più importante non è nascondermi, ma guardare Cristo, baciarlo e dirgli: ‘Signore, dal fango del mio peccato, so solo che Tu mi ami’”.
Questa prospettiva cambia radicalmente la vita spirituale, perché porta alla certezza che l’amore di Dio supera qualunque colpa.
Per il sacerdote, l’adorazione eucaristica è il luogo dove questo mistero si rivela con più forza. Chiunque, consapevole dei propri limiti, può inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento e ripetere con umiltà la preghiera del pubblicano: “Signore, abbi pietà di me, peccatore”. Non è un atto di presunzione, ma un gesto di verità e fiducia nella misericordia divina.

Non per i perfetti, ma per chi ha bisogno di Dio
Un punto centrale del messaggio di padre Fernández-Martos è che l’adorazione eucaristica non è una ricompensa per chi si considera giusto. È, al contrario, un rifugio per chi riconosce il proprio bisogno di perdono. “Non andiamo al Santissimo Sacramento per dimostrare che siamo molto bravi – ha ribadito – ma per riconoscere che Dio è molto buono”.
Questo atteggiamento cambia il modo di vivere la fede. L’adorazione diventa allora un incontro personale con Cristo che non solo consola, ma trasforma. Nella quiete della cappella eucaristica, l’uomo sperimenta la vicinanza reale di Dio, capace di rinnovare ogni giornata e di dare luce anche nei momenti più bui.
Per la bellezza di questo momento di preghiera, sempre più fedeli vengono incoraggiati a scoprire che la vera forza non nasce dalla perfezione, ma dall’affidarsi a un Dio che non smette mai di amare.