Il Conclave è ufficialmente iniziato mercoledì mattina, 7 maggio, con la Messa pro Eligendo Pontefice e proseguirà con tutti quelli che sono gli appuntamenti per i singoli Cardinali, in primis su tutte le votazioni per l’elezione del nuovo Papa.
Tantissime sono le curiosità che sono emerse in questi ultimi giorni e che non hanno a che fare solo con i Cardinali elettori o con l’elezione in se per se. Ce ne sono alcune che sembravano essere veramente nascoste o che, addirittura, sono state dimenticate nel segreto di qualche libro o di qualche anfratto.
Come ad esempio, quella che lo stesso padre della lingua italiana, Dante Alighieri, aveva scritto ai cardinali riuniti in conclave dopo la morte di Papa Clemente V.
Dante parla al Conclave
La curiosità nasce spontanea: cosa mai avrà scritto Dante ai cardinali dell’epoca? Una piccola curiosità che, in tempo di Conclave, ma più di 700 anni dopo, ancora non è stata del tutto svelata. Partiamo dal fatto che il Conclave, in se per se, non è cambiato: le regole quelle sono rimaste, chi elegge sono sempre i cardinali, quanto anche le modalità.
Ciò che invece è cambiato è il tempo e, sembra anche ovvio, il pensiero che aleggiava ai tempi di Dante non è lo stesso che aleggia ai giorni nostri. Il nostro è un tempo dove il Conclave si svolge fra tecnologia e venti di guerra che soffiano ogni dove; quella di Dante era, invece, un’epoca dove le divisioni erano già interne al territorio stesso, quanto anche per lo stesso sommo Poeta.
Era il 1314 e, da poco, era tornato alla Casa del Padre Papa Clemente V. Dante ha sempre avuto a cuore il futuro quanto anche le sorti della Chiesa, ma c’è un episodio che collega la sua vita proprio ad un Conclave. Nel 1314 i cardinali sono riuniti nella cittadina francese di Carpentras. Sono qui riuniti perché devono eleggere il successore di Pietro dopo Papa Clemente V, il quale aveva spostato la sede del papato da Roma ad Avignone.
Dante, in questa occasione così importante, decide di scrivere ai cardinali italiani. A spiegare questa lettera così particolare, in un’intervista a VaticanNews, è lo storico del Cristianesimo, Podestà: “Dante ha ancora informazioni di prima mano su come si sono svolte le vicende in occasione del precedente Conclave, quello del 1305, e ora vuole assolutamente evitare che si vada avanti in quella direzione” – spiega.
Una lettera che sferza le coscienze dei cardinali…e non solo
Si tratta dell’Epistola XI: Dante sferza quasi i cardinali, dicendo loro di essere uniti affinchè si battano “[…] per la sposa di Cristo, per la sede della sposa che è Roma, per la nostra Italia e, per dirlo in modo più ampio, per la città intera pellegrina sulla terra”.

E lo studioso Podestà specifica come l’intento dello stesso Alighieri fosse preciso: “[…] Riportare la sede del Papato a Roma, perché in quanto città divinamente scelta, grazie al martirio di Pietro e alla morte di Paolo, è la sede più idonea” – spiega.
Dante è un uomo audace, consapevole di cosa sta per fare, di cosa sta per scrivere e soprattutto a chi si sta rivolgendo in un momento storico così particolare, che mescola insieme il Conclave e la sede papale ad Avignone. Un uomo che ha il coraggio di dire la propria su di una materia e un argomento che in pochi osavano contraddire: “Quello che viene da Dante è un appello a pensare in grande al destino della Chiesa” – conclude lo studioso Podestà.
Parole che, anche oggi, avrebbero sortito un certo effetto, più che mediatico, di riflessione profonda per la scelta del nuovo Pontefice.