La vocazione è uno di quegli argomenti dal quale i giovani scappano via sempre più spesso e volentieri. Ne hanno quasi paura, anche se dentro di loro può darsi che quella voce c’è comunque.
La voce di Dio non sempre è difficile da ascoltare o da percepire: certo, alcune volte il Signore urla alle nostre orecchie e altre volte, invece, sussurra al nostro cuore. La storia che stiamo per raccontarvi, invece, è quella di un giovane che, quella voce, l’ha sentita sin da bambino.
A lei non ha opposto resistenza, anzi: questo ha permesso anche alla sua famiglia di avvicinarsi alla fede.
Un giovane sacerdote si racconta
Guardare alla fede con gli occhi di un giovane, al giorno d’oggi, è sempre più difficile e complesso. Non sempre, i ragazzi guardano alla fede con occhi veri ma, anche perché influenzati dai social e dalle mode del tempo, pensano sia un qualcosa al quale non dare il dovuto ed opportuno peso. Ma per questo giovane sacerdote non è stato affatto così.
Abbiamo incontrato don Michele Marra, responsabile dei Collegi Liturgici della Diocesi di Napoli, e parroco della parrocchia “Nostra Signora di Lourdes” a Capodichino, quartiere di Napoli. Sacerdote da poco meno di 7 anni, don Michele ci ha raccontato come è nata la sua vocazione, quanto è stata forte e, soprattutto, com’è ritrovarsi a dire un SI definitivo e concreto a Dio a soli 31 anni.
Paura, difficoltà, ansie…ma tutto con accanto sempre Cristo e una fede incrollabile che ha portato, come dicevamo, anche i suoi genitori e la sua famiglia all’incontro diretto con il Signore. Una storia bella da leggere, che può essere d’aiuto e di sprono anche per tutti quei giovani e quelle giovani che sentono battere nei loro cuori qualcosa di speciale ma, per una qualsiasi motivazione, non riescono a vederla come loro meta d’arrivo.
“Diventare sacerdote non è una scelta facile: la tua è stata una vocazione “shock” o un qualcosa che sentivi già da tempo battere in te?”
Avere una priorità non è mai un qualcosa di sciocco, tanto meno una vocazione. Una cosa della quale anche io mi interrogo spesso è quando sia nata la mia di vocazione. Questo non lo so: io, già 4 anni, manifestavo questo desiderio di diventare sacerdote. Giocavo, con i soldatini e con le macchinine come ogni ragazzino della mia età, anche con i santini: le collezionavo, dicevo la messa, mi mettevo l’asciugamano come paramento liturgico.
La cosa che più mi imbarazza è che mamma e papà, non è che partecipavano a Messa, ma non erano praticanti in parrocchia più di tanto. Io, invece, influenzato da qualche sacerdote di amico di famiglia, frequentando la parrocchia, posso dire che sono stato io a trascinare loro in un percorso di fede e, quindi, a partecipare alla vita di parrocchia. La vocazione, quindi, è una cosa che è nata dentro di me.

Ovviamente all’inizio ci giocavo, mio padre mi raccontava che facevo anche le processioni fuori dal balcone di casa, soprattutto nel giorno di Sant’Antonio da Padova. Ero alle elementari, era proprio il giorno di Sant’Antonio: trasformai la mia stanzetta in una chiesa, presi un barattolo di alluminio usandolo come fosse l’incensiere, le carbonelle le avevo prese in chiesa, e inscenai la Messa solenne a casa per il Santo. Questa voglia di diventare sacerdote è nata dentro di me, a partire secondo me già nel grembo di mia madre.
Una vocazione nata a soli 4 anni
“Il tuo cammino per arrivare al sacerdozio: è stato sempre tutto tranquillo, o ci sono stati dei momenti dove hai pensato di mollare tutto?”
E’ sempre stato tutto tranquillo, a parte momenti personali dovuti ad alcuni problemi fisici. A scuola non ero di certo una cima, ma tutto è cambiato quando sono andato all’università. Negli anni durante i quali ho frequentato il seminario minore mi sono impegnato.
Ci sono stati momenti anche di ripensamento? Questa è vocazione mia: c’è stato un periodo molto forte quando stavo in seminario (questo non lo dimenticherò mai). Si sentivano tanti casi di quei sacerdoti che abusavano, rubavano e altro. Io andai in cappella disperato e dissi: “Gesù se tu sai che io sbaglierò nella mia vita, in maniera pesante, non farmi diventare prete”.
Quando sento che qualcosa non va, anche in me, vado sempre davanti al Sacramento e prego intensamente. Ora che sono sacerdote da 6 anni, riguardando a quei momenti di crisi, per me sono state delle conferme di come il Signore mi ha chiamato. Io il mio essere sacerdote lo metto dappertutto, perché ci credo davvero.
Ad esempio, quando sono impegnato, non sono impegnato per cose mie personali, ma sempre per gli altri, ma questo non lo faccio una tantum, ma sempre. A volte mi rendo conto che trascurandomi, accumulo tante cose e faccio difficoltà, però do davvero tutto me stesso alla comunità che guido. Ringrazio Dio che mi ha dato quei momenti, perché mi hanno rafforzato ancora di più, e quello che mi ha sostenuto è la sua parola, è lo stare in silenzio e affidare quello che vivevo dentro a Gesù nell’Eucaristia.

“L’ascolto della vocazione: secondo te, i giovani e le giovani di oggi hanno gli strumenti adatti (quanto anche le persone giuste) per poter riuscire ad ascoltare la loro vocazione?”
Questa, spesso, è una domanda che io pongo anche ai miei superiori: “Come mai questo calo di vocazioni?”. Certamente rispetto agli anni passati ci sono molte sollecitazioni, molte distrazioni. Secondo me i giovani di oggi hanno bisogno di persone credibili e contemporaneamente felici, nonostante le varie difficoltà, perché se la fede è per imitazione, la fede deriva dall’ascolto, e penso che ascoltando e vedendo un sacerdote felice, che si impegna per il Regno dei Cieli, tutti ci sentiamo più tranquilli e al sicuro.
Dobbiamo curare quello che il Signore ci affida, oppure andare a cercare quelle persone che si sentono perse e accompagnarle, devono essere loro che, guardando la tua vita coerente, credibile, gioiosa, vedano in te lo strumento che permette a Dio, oltre che di seminare, anche di agire.
Purtroppo Dio, molte volte, resta inascoltato e lo vediamo anche da quegli scenari che stiamo vivendo, come la guerra: tutto questo non perché Dio si è dimenticato di noi, ma perché noi ci siamo dimenticati di ascoltare Dio che continuamente ci parla.
Don Michele: “Il tempo è per gli altri e non per me”
“Sacerdote = “Lavorare solo il sabato e la domenica”: è ancora così? Si tratta di una “vocazione a tempo” oppure oggi è tutto diverso rispetto a tanti anni fa?”
Parlo personalmente: ho fatto una scelta, quella di vivere tutti i giorni in parrocchia. Io vivo in canonica: la mattina, anche se non ho niente in agenda, sono sempre in ufficio, sono sempre pronto all’imprevedibile. Dalla mattina alle 9 fino a mezzogiorno, dalle 16.30 fino a tarda sera, io sto sempre in ufficio, in maniera particolare in parrocchia, ma non seduto. Ascolto, vado all’esterno, aiuto chi ne ha bisogno, a partire proprio dai miei parrocchiani nelle attività quotidiane in chiesa.
Vado a trovare le persone, gli ammalati, nel quartiere giro spesso a piedi, chiacchiero con la gente, non ho orari. Mi piace quell’affermazione che disse un sacerdote che sta per diventare santo: “Io sono un prete senza orologio”.
“Come vivi la tua vocazione, da giovane sacerdote quale sei? Hai una guida (ad esempio, la Madonna o qualche santo che ti accompagna ogni giorno)?”
Oltre alla guida dei santi che mi hanno accompagnato sin da piccolo, ho un padre spirituale che mi conosce da sempre, mi ha cresciuto e sa tutto di me, e questo per me è una garanzia perché mettendo le mie mani nelle sue mani. Ciò mi garantisce di crescere interiormente.
Santi ce ne sono vari, innanzitutto Sant’Antonio di Padova per l’evangelizzazione: è un mio pallino portare il Vangelo dappertutto. Poi c’è Sant’Alfonso Maria dei Liguori per le sue doti canore, per le sue missioni verso il popolo napoletano.

Poi San Giuseppe Moscati, perché ci sono stati vari momenti in cui sono stato in ospedale per vari problemi e mi è stato sempre accanto. San Gennaro perché, quando mi trovo in difficoltà soprattutto a livello pastorale, lui mi aiuta e mi ispira. San Michele lo invoco in maniera particolare quando sono molto tentato e quando le forze del male si fanno presenti, non solo esteriormente attraverso alcune persone che ti pugnalano e ti fanno del male.
“Cosa ti senti di dire a coloro, giovani e meno giovani, che non riescono ad ascoltare a pieno la loro vocazione o vi trovano degli ostacoli”
Spesso, mi capita di sentire che quando si è annoiati, si va sui TikTok, oppure si va sui vari social per distendersi, ma quello che ti rimane dentro poi è un vuoto. Allora invece di perdere tempo e di non farti rubare tempo, approfitta di quei momenti per far silenzio, per riscoprirti e guardarti dentro e scoprirai che c’è una presenza: quella di Dio.