I sette vizi capitali: avarizia, quando il denaro incatena l’anima

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L’avarizia è il secondo dei sette vizi capitali, ed è una vera e propria catena nell’animo umano. Perché questo vizio porta lontano da Dio

Il nostro animo è molto complesso e fragile, e se non lo nutriamo con la preghiera, può aprirsi a idolatrie e attaccamenti che possono essere deleteri. L’uomo che non disciplina e non sa bilanciare i propri desideri, può sconfinare in dipendenze che lo allontanano da Dio, a volte in modo irrimediabile.

I vizi sono abitudini di peccato che possono condannare l’anima, incatenandola a quella che è un apparente felicità, ma che in realtà, è solo effimera. Uno dei sette vizi capitali è l‘avarizia. Ma chi è realmente l’avaro, e in quali peccati incappa?

La figura in questione è quella di una persona profondamente attaccata al denaro. Esso diventa il suo idolo, e tutto ruota attorno all’accumulo di beni materiali, di ricchezze, al punto da divenire centro della propria esistenza. Il denaro diventa un dio, e si diventa disposti a tutto per esso.

Gesù, nel Vangelo di Matteo, versetto 6,24, diceva:«Nessuno può servire due padroni; perché o odierà l’uno e amerà l’altro, o avrà riguardo per l’uno e disprezzo per l’altro. Voi non potete servire Dio e Mammona». 

Avarizia, non solo di denaro: c’è anche quella spirituale

L’avarizia non è soltanto brama di denaro, perché genera anche quella che in molti chiamano avarizia spirituale.

I sette vizi capitali: avarizia
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Dall’avarizia nasce insensibilità: ci si chiude nei confronti degli altri, e si diventa più freddi, intolleranti. Si desidera sempre di avere di più, è come un non accontentarsi mai. Ci si accanisce, in sostanza, nel possesso. Non importa a cosa si debba andare incontro pur di ottenere ciò che si desidera, si è disposti anche a far male, a commettere frodi e arrivare anche a tradire.

Tutto questo, per amore del dio denaro. L’avarizia spirituale, invece, occorre quando una persona tende a ogni costo a voler essere perfetta ma non certo per amore di Dio, ma per avidità, per gonfiare il proprio Io.

L’avaro spirituale accumula preghiere, indulgenze, comunioni, ma è un po’ come se mettesse in bacheca dei premi. In sostanza, questo tipo di avarizia consiste in un pensare a sé, non a Dio, mentre chi cerca Dio si spoglia dell’ego, per far spazio al Signore.

La ricchezza, di per sé, non è un male, ma un dono di Dio, tuttavia è un qualcosa che va condiviso e soprattutto, non può in alcun modo assumere maggiore importanza, nella nostra vita, rispetto al Signore. La vera ricchezza, infatti, è Dio e l’amore che ci dà ogni giorno e che possiamo toccare con mano, con tutto ciò che riceviamo. Siamo molto ricchi se c’è Lui con noi, e spesso, non ce ne accorgiamo.

Peccato di avarizia, come sanare il cuore

Ci sono due mezzi per rendere il cuore non più pieno di cupidigia, ma di amore verso Dio e gli altri: elemosina e povertà. L’elemosina si declina tramite opere di misericordia corporali e spirituali. Ergo, come diceva Gesù: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi». 

Ma non è tutto, perché anche l’appoggio spirituale conta, dando consigli a chi nutre dubbi, perdonando, tollerando, pregando e digiunando. L’elemosina non deve essere motivo di vanto, ma deve rimanere un gesto segretonon sappia la destra quello che fa la tua sinistra»].

La povertà spirituale si collega all’umiltà e si declina in un distacco dall’attaccamento al denaro e al potere. Dio è il nostro centro, non perdiamolo mai di vista. Amiamolo con il cuore, impariamo a essere generosi come il Suo è un cuore che ama senza remore, facendo splendere ogni giorno, il sole su tutti.