L’ira fa parte dei vizi capitali, soprattutto nel momento in cui si esprime in certe forme. Ecco quando diventa peccato grave e quando rientra tra i peccati veniali
Quante volte, nel corso della nostra vita, è capitato che ci facessimo prendere dall’ira? Questo atteggiamento è comune, e lo notiamo in noi stessi, soprattutto quando vi sono delle persone o situazioni che ci fanno innervosire fortemente. Tentiamo inizialmente di resistere, ma poi, può accadere di perdere la pazienza, e magari dirne quattro al soggetto di turno.
L’ira fa parte del temperamento di un essere umano e analizzata da sola, si può dire che non presenti nulla né di buono né di cattivo. Essa può anche scaturire da una rabbia nei confronti del male, ma anche nei confronti del bene. Una persona irosa può avere un carattere nervoso, ma sapersi dominare. Nel momento in cui, però, si reagisce a torti, reali o presunti, fino a pianificare di vendicarsi, si può parlare di ira che rientra nella sfera del vizio capitale, e quindi del peccato grave.
Ira, in cosa può tramutarsi?
L’ira si esprime in diverse forme e vi sono vari gradi in cui si esplicita. Una persona può essere impaziente, agitarsi per cose di poco conto. Oppure, si può essere impazienti e cominciare a insultare, in situazioni come quando si è alla guida di un’auto ecc.

Per quanto concerne i primi due gradi, che fanno parte della sfera dell’impazienza, si rientra in quello che è considerato peccato veniale. Tuttavia, quando l’ira sfocia in violenza, furia, odio e vendetta, si parla di vizio capitale. La violenza si esplica in reazioni brutali come picchiare qualcuno, spaccare cose, e la furia, è una forma di ira incontrollabile, che non sente ragione alcuna.
L’odio è invece un perpetrarsi dell’ira, che si cova dentro di sé anche per anni, e che si riaccende con un nonnulla. La vendetta, invece, è spesso meditata e non si trova pace, finché non la si compie. Ora, c’è una distinzione importante da fare. Non è detto che se un soggetto è nervoso sia automaticamente cattivo, e chi invece non lo è, sia automaticamente buono.
Ma quand’è che l’ira diventa, dunque, un peccato capitale? Ebbene, quando si converte in violenza, in offesa al prossimo, e può tramutarsi, ad esempio, in atti gravissimi come un omicidio.
L’ira “buona”, se così è possibile categorizzarla, è invece quella di Gesù, che mal sopporta le ingiustizie e il male. Basti pensare a quando Gesù cacciò i mercanti dal tempio, o quando rimproverò duramente i farisei e gli scribi:«Guai a voi, scribi e farisei ipocriti!».
Questa non è ira peccaminosa, perché non nasce da un luogo in cui si perde il dominio di sé. Ci sono giustizia, verità, amore. Gesù si indigna contro il male e ciò che è ingiusto. Per tutti gli altri casi sopraccitati, come violenza, furia, vendetta ecc., si parla di peccato grave.
Quale virtù porre in contrasto col vizio dell’ira
Se l’ira mina il dominio di sé ed è importante che un credente ci lavori, per controllarsi a pieno e magari offrire i momenti più difficili a Gesù, la virtù che si oppone all’ira è la pazienza.
Gesù esercita la pazienza dandoci un esempio meraviglioso durante la sua Passione. Una sofferenza indicibile, che lui ha sopportato in modo a dir poco esemplare. Tra percosse, sputi, ostilità e la cattiveria più vergognosa, Gesù ha mostrato un dominio di sé grandioso.
La sua risposta al male è il restare calmo, tacendo. Persino quando fu arrestato, uno dei discepoli colpì un soldato tagliandogli un orecchio. Gesù lo invitò a fermarsi e lo guarì. Gesù, in Croce, perdona i suoi crocifissori, dicendo:«Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno».
Dunque, se si è irosi, cercare di fuggire le occasioni in cui si potrebbe esplodere in malo modo. Cercare di reagire nel modo migliore, pensando prima di reagire attaccando, fuggendo da pensieri di vendetta o comunque che portino al male. Pregare e affidare tutto nelle mani di Dio, perché è certo che Lui sa come risolvere anche le situazioni più anguste.