Tra coloro che incarnano messaggi di speranza e compassione, spicca la figura di don Nicola Galante, un giovane sacerdote di Caserta.
Da quattro mesi esercita il suo ministero di Parroco a Castel Morrone e di cappellano volontario presso il presidio ospedaliero “San Giuseppe e Melorio” a Santa Maria Capua Vetere. Don Nicola, che quest’anno celebra cinque anni di sacerdozio, racconta come la sua vocazione nel mondo della sofferenza sia nata nell’adolescenza. “Il mio primo pellegrinaggio a Lourdes è stato illuminante”, afferma don Nicola. “Leggere le biografie di figure come San Giovanni di Dio e San Camillo de Lellis, insieme all’esperienza diretta con gli infermi, ha alimentato in me un desiderio crescente di dedicarmi alla pastorale della salute.”
La presenza umana e le catechesi
Il suo approccio nel contesto ospedaliero è caratterizzato da una presenza viva e attenta. Don Nicola cerca di tessere relazioni di ascolto, amministrare i sacramenti e portare piccoli doni simbolici per ravvivare la speranza e regalare un sorriso. Queste semplici azioni diventano un ponte tra lui, i malati e le loro famiglie, rispondendo a un bisogno umano fondamentale: la connessione.
Papa Francesco parla di “misericordia pastorale” come di una forma di presenza e prossimità , un principio che guida don Nicola nel suo operato. “La relazione con i sofferenti deve partire dalla dimensione umana“, continua, “solo così possiamo creare un legame significativo anche con il personale sanitario, che porta con sé un peso emotivo enorme.”
Nella diocesi di Capua, la pastorale della salute è ben strutturata e don Nicola ha un ruolo chiave in questo ambito. “Dirigo l’Ufficio diocesano che promuove momenti di catechesi, preghiera e incontri formativi”, riferisce. Tuttavia, la pastorale della salute non si limita agli ospedali; affronta anche il tema dell’isolamento del malato, un aspetto cruciale nella pratica quotidiana. “È essenziale che il malato si senta amato e accolto“, afferma con convinzione. “Creare giornate parrocchiali del malato, momenti di preghiera animati dai giovani, può essere un’ottima iniziativa per rafforzare il legame con chi soffre.”
Durante il periodo della pandemia, il Presidio Ospedaliero è stato riconvertito in Covid Hospital, un’esperienza che ha profondamente segnato don Nicola e il personale sanitario. “I sanitari sono stati veri eroi, offrendo non solo cure mediche, ma anche conforto umano”, sottolinea. In un momento di grande crisi, il desiderio di ritrovare la normalità è diventato un bisogno condiviso. “L’ascolto è essenziale nella pastorale della salute“, continua don Nicola. “Papa Francesco parla spesso dell’‘apostolato dell’orecchio’. Accogliere la sofferenza significa entrare in empatia con il malato e generare un dialogo che possa infondere speranza.”

Il futuro della pastorale della salute
Don Nicola ha avviato un percorso di formazione per coloro che si prendono cura degli ammalati, riconoscendo l’importanza di preparare anche gli operatori sanitari ad affrontare la complessità emotiva della sofferenza. “Pubblico anche un foglio digitale chiamato ‘Gocce di rugiada’, che raccoglie intenzioni di preghiera e riflessioni evangeliche”, spiega. “Il senso ultimo della pastorale della salute è infondere speranza.”
Con la sua dedizione, egli non solo porta conforto ai malati, ma anche un messaggio di speranza e di amore, dimostrando che la presenza umana e spirituale può fare la differenza nei momenti più bui. La sua esperienza è un richiamo per tutti noi a considerare come possiamo essere parte di questo processo di cura e sostegno, a partire dalle piccole azioni quotidiane che possono fare la differenza nella vita di chi soffre.