Santuario di Lourdes (www.medjugorje.it)
C’è un filo invisibile che unisce il cielo e la terra. A volte si manifesta con una voce, altre con una lacrima o un abbraccio.
Antonia Raco non cercava un miracolo, ma la grazia di sopportare. Eppure, qualcosa è accaduto. Una voce dolce, tre parole: “Non aver paura”. E da quel momento la vita è rifiorita dove sembrava non esserci più speranza. Una donna malata di SLA si è alzata dalla sua sedia a rotelle. Non subito. Non nel modo che ci si aspetta. Ma con la forza misteriosa che attraversa Lourdes da oltre 160 anni. Ecco la storia di una guarigione che la scienza non spiega, ma la fede accoglie come segno.
Antonia Raco, 67 anni, originaria della Basilicata, ha vissuto per anni con una condanna silenziosa: la sclerosi laterale amiotrofica, una malattia neurodegenerativa che, nel 2006, le aveva tolto ogni speranza di guarigione. Eppure, il 25 luglio scorso, il suo volto sereno è apparso davanti alla stampa internazionale a Lourdes, dove la sua guarigione è stata ufficialmente riconosciuta come il 72° miracolo attribuito all’intercessione della Vergine Maria.
Il miracolo è il culmine di un cammino lungo e misterioso iniziato nel 2009. In quell’estate, Antonia aveva finalmente realizzato il sogno d’infanzia: andare a Lourdes. Accompagnata dal marito Antonio e sostenuta dall’Unitalsi, era arrivata al santuario in sedia a rotelle, con gravi difficoltà respiratorie e motorie. Non poteva immaginare che, tra quelle mura piene di preghiere, avrebbe incontrato non solo la pace, ma una voce.
Era il secondo giorno di pellegrinaggio quando venne accompagnata ai bagni del santuario. Lì, mentre pregava con i volontari, sentì nitidamente una voce giovane, femminile, dire tre volte: “Non aver paura“. Quelle parole semplici, ma potenti, la fecero scoppiare in lacrime. Antonia non parlò subito di ciò che aveva provato, ma portò nel cuore quel momento come un sigillo.
Tornata a casa, sembrava che nulla fosse cambiato. Ma nel silenzio del suo salotto, tutto mutò. Sentì di nuovo quella voce, che stavolta le chiedeva di parlare. Obbedì. Chiamò il marito, e in quell’istante si alzò. Dopo anni, stava di nuovo in piedi da sola. I due si abbracciarono piangendo, increduli, sopraffatti da un senso di amore e gratitudine difficile da esprimere a parole.
Inizialmente, Antonia non parlò a nessuno di quanto accaduto. Il timore di non essere creduta era forte. Ma confidandosi con il suo parroco, fu incoraggiata a sottoporsi a controlli medici. Il vescovo della diocesi, mons. Francesco Nolè, che aveva partecipato al pellegrinaggio, la rassicurò: “Questo dono non è solo per te. È per tutti noi.”
Così iniziò un percorso di discernimento lungo 16 anni. La diagnosi fu confermata, e la guarigione appariva senza spiegazione. Il neurologo Vincenzo Silani, tra i massimi esperti italiani, non aveva dubbi: “Nella SLA i pazienti peggiorano ogni giorno. Una guarigione è impossibile.” Eppure, Antonia era guarita. Nessuna terapia, nessun progresso graduale. Tutto era avvenuto in modo improvviso, completo e permanente.
Nel 2024, dopo approfondite rivalutazioni e un voto segreto del Comitato Medico Internazionale di Lourdes, 17 membri su 21 riconobbero l’inspiegabilità scientifica della guarigione. Fu il vescovo Vincenzo Carmine Orofino a proclamare ufficialmente il miracolo, dopo aver ricevuto il parere medico definitivo.
Il vescovo di Lourdes, Jean-Marc Micas, ha sottolineato che la Chiesa non impone la fede con i miracoli. “Nemmeno la Risurrezione obbligò a credere,” ha detto. “I miracoli sono segni. E i segni parlano solo a chi ha occhi per vedere e cuore per accogliere.”
Il rettore del santuario, padre Michel Daubanes, ha annunciato il miracolo durante il Rosario del Giovedì Santo. E ha concluso con parole che restano nel cuore: “Non dobbiamo dire: ‘Se vedessi un miracolo, crederei’. Dobbiamo dire: ‘Se credo, vedrò i miracoli’. Perché la fede non segue la logica, ma l’amore.”
E Antonia, oggi, torna ogni anno a Lourdes non da pellegrina, ma da volontaria. Con il suo velo bianco e il suo sorriso, accompagna chi spera, come lei un tempo, che una voce sussurri ancora: “Non aver paura.”