La Porta della Speranza davanti al carcere di San Vittore è un simbolo che rappresenta il passaggio verso la redenzione dei detenuti.
Uno dei messaggi più importanti di questo Natale cristiano è stato senza dubbio quello relativo alla speranza, con particolare riferimento a tutte quelle popolazioni del mondo che stanno soffrendo a causa di conflitti, barbarie, violenze, abusi e carestie. Ma non è tutto: la speranza può accendersi anche nei cuori di coloro che sono in carcere e che si ritrovano a dover passare le festività natalizie lontani dalle loro famiglie e dai loro cari.
Per questo motivo venerdì 19 dicembre è stata inaugurata l’iniziativa ‘Porte della Speranza’ presso la Casa Circondariale di Milano San Vittore ‘Francesco Di Cataldo’. Un’opera che ha un significato profondo, ovvero rappresentare un passaggio per la redenzione dei detenuti. Il progetto, infatti, mira a far dialogare l’arte, la comunità carceraria e la società civile, consentendo a quest’ultima di superare i pregiudizi entrando nella realtà dei penitenziari proprio attraverso la ‘Porta della Speranza’.
Il Cardinale José Tolentino de Mendonca, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazion, ha sottolineato che l’apertura di una porta anche quando non esiste un muro “significa riconoscere che nessuna vita è priva di futuro“. Un gesto, ha poi aggiunto il cardinale, importante per affermare che “la speranza non è un ornamento, ma una responsabilità condivisa. Una possibilità che si rinnova proprio nei luoghi dove sembra più fragile“.
La Porta della Speranza: simbolo di apertura e di carità
La Porta della Speranza, realizzata dall’architetto Michele De Lucchi, si trova proprio all’entrata del carcere milanese ed è caratterizzata da due alti battenti semichiusi privi di telaio, che hanno come significato simbolico proprio l’apertura verso l’ignoto.

“Le porte mi hanno sempre affascinato – le parole di De Lucchi riportate da Famiglia Cristiana – Racchiudono l’idea del passaggio, dell’attesa, dell’inizio di un altrove. La Porta della Speranza è pura e solida presenza, senza muro. Non separa, non conduce, semplicemente è. Segna un luogo sospeso, aperto al possibile. Dichiarare la trasformazione come accessibile significa riconoscere che ogni passaggio può aprire uno spazio di consapevolezza, attesa e rinascita“.
“La porta è un invito a riconoscere l’altro. Ma è anche un segno di carità“: sono le parole pronunciate da Monsignor Luca Bressan, delegato dell’Arcivescovo di Milano, che ha poi citato la Beata Enrichetta Alfieri proprio in riferimento alla carità: “E’ un fuoco che bruciando ama espandersi“.