Testimonianze

San Massimiliano Maria Kolbe: il sorprendente racconto di un miracolo

La storia di un miracolo avvenuto grazie all’intervento di San Massimiliano Maria Kolbe in un modo del tutto inaspettato, tra stupore e mistero. 

È definito il “martire dell’amore“, San Massimiliano Maria Kolbe, frate francescano polacco rimasto vittima del nazismo, ha dimostrato che “Solo l’Amore crea“, come ha detto lui stesso ad uno dei suoi carnefici. È stato canonizzato senza necessità di miracoli che ne attestassero la santità, come avviene in genere per la gran parte dei Santi.

Per i martiri, è diverso, la loro testimonianza basta ad accertarne la beatitudine eterna. E San Massimiliano Maria Kolbe, questo “cavaliere dell’Immacolata“, che in Polonia ha fondato la Niepokalanów ( La città dell’Immacolata), ha offerto la sua vita in cambio di un altro prigioniero del campo di concentramento di Auschwitz. Quello era un padre di famiglia, e lui ha sacrificato se stesso affinché l’uomo potesse tornare dalla moglie e dai figli, affrontando la terribile morte di fame e di sete.

Ma di miracoli avvenuto per intercessione di San Massimiliano Maria Kolbe c’è traccia. In particolare c’è una storia sorprendente, di una guarigione inspiegabile e repentina, di un mistero svelato con il tempo e la figura del Santo che appare in modo delicato e decisivo.

Un miracolo attribuito a San Massimiliano Maria Kolbe

La storia risale al 1950. A Porto San Giorgio, nelle Marche, un uomo sta per morire. Si chiama Francesco Luciani Ranier  ed è gravemente ammalato da molto tempo. L’uomo è affetto da un’arteriopatia obliterante, aggravatasi sempre di più nel corso degli anni fino ad arrivare alla necessità dell’amputazione di una gamba.

Lo avrebbero atteso altre due amputazioni, all’altra gamba e ad un braccio, come estremi tentativi di salvarlo. Ma i familiari decidono di non intraprendere gli interventi chirurgici e di lasciare che la malattia faccia il suo corso e che vada incontro più serenamente alla morte, se è questo che lo aspetta.

Il racconto del miracolo di San Massimiliano Maria Kolbe – medugorje.it

La prognosi dei medici è di soli 30 giorni di vita senza quelle operazioni. Effettivamente l’uomo continua ad aggravarsi ed entra in coma irreversibile. La famiglia veglia il moribondo e prega per lui, certa che ormai non c’è più niente da fare.

Ad un certo punto suona il campanello. Il figlio dell’uomo va ad aprire e davanti alla porta trova un frate dalla lunga barba, vestito con un saio nero cinto da un cordone bianco. Non lo ha mai visto, nè il frate si presenta. Si limita a dare al giovane un foglio: è un ritaglio di giornale su cui è impressa la foto di padre Massimiliano Maria Kolbe. Gli dice: “Questo è colui che ha salvato da morte per fame in un lager nazista un padre di famiglia. Ti consegno la sua immagine perché tu la ponga sul malato“.

La guarigione immediata e inattesa

Non dice altro, va via. Chi prende in mano il ritaglio di giornale non conosce chi sia questo padre Massimiliano Maria Kolbe, non ne ha mai sentito parlare. Ma sente di voler fare come quel frate gli ha detto. Così torna al capezzale del padre morente e mette il ritaglio di giornale con l’immagine di Kolbe sul corpo del moribondo. Compie questo atto, evidentemente di fiducia, senza sapere, senza capire, ma lo compie.

San Massimiliano Maria Kolbe con la barba in una foto – medugorje.it

Tutta la famiglia continua a pregare, come stava facendo da prima. Nel cuore della notte ciò che accade è del tutto inaspettato e inspiegabile. Il morente si sveglia e si mette seduto nel letto, parla, dice di star bene. La morte, infatti, non solo non giunge più, ma la malattia si ferma e non avanza come avrebbe inevitabilmente dovuto accadere.

Il figlio dell’uomo allora si mette in cerca di quel frate e va in tutti i conventi della zona a chiedere di lui. Si inoltra anche in quelli dell’Abruzzo, ma niente, non ci sono tracce di quel frate. Nessuno ha compiuto quel gesto, nessuno è andato da lui a dargli quel pezzo di giornale. In seguito fa un pellegrinaggio a Lourdes e si imbatte in una foto di San Massimiliano Maria Kolbe con la barba. Tutte le foto di lui che aveva visto fino ad allora lo ritraevano sbarbato.

Allora gli è tutto lampante: riconosce nel Santo ucciso ad Auschwitz il frate che ha bussato alla sua porta. L’uomo che stava per morire ha vissuto poi per altri 21 anni, e la cosa più sconvolgente è che lo ha fatto praticamente senza una normale circolazione sanguigna. Il medico che lo aveva in cura si è convertito ed ha abbracciato la fede.

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Romana Cordova