Ci sono domande che da secoli tormentano l’uomo: perché il male colpisce così duramente? Perché i bambini innocenti devono soffrire?
Se Dio è davvero amore, come può restare in silenzio davanti a ingiustizie e tragedie? Monsignor Charles Pope, riflettendo su questo mistero, invita a non ridurre la questione a facili risposte. La sofferenza non si lascia spiegare del tutto: resta un enigma che tocca il cuore di credenti e non credenti. Tuttavia, la fede offre una chiave di lettura: nel dolore, spesso incomprensibile, si cela un cammino che porta alla speranza, alla purificazione e, in ultima istanza, alla gloria promessa da Cristo.
Il mistero della sofferenza e la libertà dell’uomo
Fin dall’alba dell’umanità, il mistero del male ha accompagnato la vita dell’uomo. Anche nel Giardino dell’Eden, luogo di perfezione, era presente la possibilità di dire “no” a Dio: l’albero, il serpente, la scelta. Amare significa essere liberi, e la libertà implica la possibilità di rifiutare. Dal rifiuto dell’uomo è scaturito il caos: la perdita del paradiso e l’irruzione della sofferenza, della morte e dell’ingiustizia.
La maggior parte del dolore che sperimentiamo – sottolinea Monsignor Pope – deriva dalle conseguenze dei nostri peccati e di quelli altrui. Guerre, ingiustizie sociali, violenze e tradimenti sono frutti amari delle scelte umane. Ma anche ciò che chiamiamo “male naturale”, come disastri e malattie, è legato a quella frattura originaria che ha segnato la creazione intera.
Eppure Dio non ci ha abbandonati. Nel crocevia della sofferenza e della morte ci ha incontrati Cristo, che non ha scelto di sottrarsi al dolore. Gesù ha assunto su di sé il peso dell’ingiustizia, trasformandola in via di salvezza. In Lui, la sofferenza acquista un senso nuovo: non più puro assorbimento di dolore, ma occasione di redenzione.
La libertà dell’uomo spiega anche il perché Dio non intervenga sempre a fermare il male. Se lo facesse, cancellerebbe la nostra libertà e, con essa, la possibilità stessa dell’amore. Tuttavia, la Scrittura ricorda che Dio talvolta interviene: riduce carestie, pone fine a guerre, cambia il corso degli eventi. Perché a volte sì e a volte no? Questo resta un mistero della sua Provvidenza, che ci supera.
Il Libro di Giobbe affronta proprio questa inquietudine: Giobbe, uomo giusto, sperimenta un dolore sproporzionato. Chiede spiegazioni, ma Dio non offre risposte dirette; mostra piuttosto che la mente umana non è in grado di penetrare l’intero disegno divino. Alla fine, Giobbe viene ristabilito e benedetto, ma soprattutto la sua fede risulta purificata e rafforzata.

Sofferenza, speranza e la logica di Dio
Il Nuovo Testamento ci offre un’altra prospettiva. San Pietro scrive che le prove hanno un valore purificatore: rafforzano la fede e ci preparano all’incontro con Dio. Ciò non significa che chi soffre di più sia necessariamente più peccatore o bisognoso di correzione; può anche voler dire che a lui è riservata una gloria più grande nel Regno dei cieli.
La Bibbia annuncia anche una “grande inversione”: ciò che appare ingiusto oggi troverà un rovesciamento finale. I piccoli saranno esaltati, gli ultimi saranno i primi, i potenti abbattuti. Questo capovolgimento mostra che la sofferenza non è l’ultima parola.
Guardando a Cristo comprendiamo che Dio non resta indifferente al dolore umano. Gesù ha vissuto in prima persona l’ingiustizia e il dolore, mostrandoci che anche la sofferenza più crudele può diventare via di resurrezione. Dio, che è amore, non si limita ad essere “gentile”: Egli educa, guida, accompagna, e talvolta permette prove che, pur dure, possono aprire strade a un bene più grande. San Tommaso d’Aquino paragonava questa realtà a un dipinto: se osserviamo solo pochi tratti scuri, ci sembrano privi di senso; ma guardando l’opera intera, scopriamo che quelle ombre servono a far risaltare la luce.
In fondo, la domanda “perché il male?” non trova una risposta razionale completa. Monsignor Pope ci ricorda che è un mistero che richiede umiltà. Tuttavia, la fede ci dà una certezza: Dio non lascia che il male e la sofferenza abbiano l’ultima parola. Anzi, proprio da queste realtà può trarre il bene, generando solidarietà, amore, nuove amicizie, e persino conversioni.
La risposta cristiana non è una teoria, ma una promessa: “Beati coloro che piangono, perché saranno consolati” (Mt 5,4). La sofferenza resta un enigma, ma sappiamo che non è inutile. La luce vince sempre sull’oscurità e l’amore è più forte dell’odio. Questa è la speranza che accompagna ogni credente e che permette di guardare al futuro senza paura.