L’approvazione del suicidio assistito in Toscana rappresenta un momento controverso nella storia legislativa italiana.
Il 11 febbraio 2025, il Consiglio regionale toscano ha introdotto una legge che consente l’erogazione del suicidio assistito come parte delle procedure del Servizio sanitario regionale. Questo provvedimento, che fa della Toscana la prima regione italiana a adottare una normativa di questo tipo, ha innescato un acceso dibattito politico, etico e morale, coinvolgendo profondamente la società italiana e il mondo cattolico.
La legge sul suicidio assistito
La legge, sostenuta dall’associazione Luca Coscioni e supportata da oltre diecimila firme, stabilisce che le persone desiderose di accedere a questa pratica possano presentare richiesta all’ASL. Una commissione multidisciplinare avrà il compito di verificare i requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale 242/2019. Questo scenario ha sollevato interrogativi e preoccupazioni tra i rappresentanti della Chiesa e i cittadini, che vedono in questa legge un passo indietro nei valori fondamentali della vita.
Il presidente della Toscana, Eugenio Giani, ha descritto l’iniziativa come un tentativo di “mettere ordine” e razionalizzare le procedure legate al fine vita. Tuttavia, le reazioni non si sono fatte attendere. I vescovi toscani hanno espresso il loro disappunto, definendo la legge un “triste primato”. La posizione della Chiesa si basa sulla convinzione che la vita debba essere tutelata e che il riconoscimento di un “diritto alla morte” rappresenti una sconfitta per la società . L’arcivescovo di Siena, Paolo Lojudice, ha avvertito che la Toscana, tradizionalmente pioniera nella tutela della vita, sta intraprendendo una strada pericolosa, minando i valori di solidarietà e accoglienza verso i più vulnerabili.
Anche don Massimo Angelelli, direttore dell’Ufficio Cei per la Pastorale della salute, ha sottolineato che un sistema sanitario che dovrebbe garantire cure non può offrire percorsi di morte. La sua affermazione mette in luce un punto cruciale: la missione del Servizio sanitario nazionale è quella di prendersi cura delle persone, non di facilitare la loro morte.

Dignità umana e cure palliative
Alcuni esperti sostengono che la possibilità di scegliere il proprio fine vita possa essere vista come una forma di dignità per chi soffre di malattie terminali, mentre altri avvertono che questa opzione potrebbe portare a pressioni su individui vulnerabili. Il dibattito si complica ulteriormente considerando il contesto sociale e culturale dell’Italia, un paese con una forte tradizione cattolica.
In aula, il presidente della commissione sanità , Enrico Sostegni, ha evidenziato che la legge fissa chiaramente le procedure e i tempi di accesso al suicidio assistito, cercando di evitare abusi. Tuttavia, l’idea che un sistema sanitario possa essere coinvolto in un atto così definitivo solleva interrogativi profondi su cosa significhino realmente “cura” e “compassione”.
Il provvedimento ha inoltre sollevato interrogativi sul futuro delle cure palliative in Italia. Mentre alcuni sostengono che l’approvazione della legge possa incentivare il miglioramento delle cure palliative, altri temono che possa ridurre l’impegno verso tali pratiche, offrendo una “soluzione” più rapida alla sofferenza.
Il dibattito sul suicidio assistito in Toscana rappresenta un microcosmo delle tensioni che caratterizzano la società italiana contemporanea. Le domande sollevate da questa legge toccano le radici stesse della nostra umanità , della nostra comprensione del dolore e della dignità .