Nel brano del Vangelo ci pone davanti ad una dimensione esigente e spesso scomoda della sequela di Cristo: la testimonianza nella persecuzione.
Gesù non illude i Suoi apostoli con promesse di successo umano, ma li prepara alla prova, alla divisione e persino all’odio. Tuttavia, le Sue parole non sono di paura, bensì di fiducia. Al centro non c’è la violenza degli uomini, ma la fedeltà di Dio, che non abbandona chi rimane saldo nel Suo nome. È un Vangelo che parla alla Chiesa di ogni tempo, chiamata a perseverare nella fede.
Dal Vangelo secondo Matteo 10,17-22
In quel tempo, Gesù disse ai suoi apostoli: «Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato».

La riflessione sul Vangelo di oggi
Gesù avverte i suoi: «Guardatevi dagli uomini» (Mt 10,17). Non è un invito alla diffidenza sterile, ma al realismo evangelico. Il discepolo non è più grande del Maestro (cf. Mt 10,24) e, come Lui, incontrerà opposizione. La persecuzione descritta è concreta: tribunali, flagellazioni, autorità civili e religiose. Seguendo Cristo, i discepoli entrano nel conflitto tra il Regno di Dio e le logiche del mondo.
Eppure, questa ostilità diventa occasione di testimonianza: «per dare testimonianza a loro e ai pagani» (Mt 10,18). La sofferenza non è fine a se stessa, ma luogo in cui il Vangelo può essere annunciato con forza nuova. Gesù rassicura: «Non preoccupatevi di come o di che cosa direte» (Mt 10,19). Non è l’abilità umana a sostenere il testimone, ma l’azione dello Spirito Santo, che parla nel cuore del credente (cf. Lc 12,11-12). La tradizione della Chiesa ha sempre riconosciuto in questo passo la promessa di un’assistenza divina speciale nei momenti di prova, quando il discepolo è chiamato a confessare la fede anche a costo della vita.
Il testo diventa ancora più drammatico quando Gesù annuncia divisioni all’interno delle famiglie: «Il fratello farà morire il fratello» (Mt 10,21). Il Vangelo può creare fratture dolorose, perché costringe a scegliere. L’amore per Cristo supera ogni altro legame (cf. Mt 10,37), non per distruggere la famiglia, ma per fondarla su una verità più profonda.
«Sarete odiati da tutti a causa del mio nome» (Mt 10,22): l’odio nasce non da colpe personali, ma dall’appartenenza a Cristo. Tuttavia, la parola finale è di speranza: «Chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato». La salvezza è promessa a chi rimane fedele, nonostante tutto. La perseveranza è dono e responsabilità insieme: dono della grazia e risposta libera dell’uomo. In questo cammino, il credente non è mai solo, perché lo Spirito del Padre cammina con lui e lo sostiene fino alla fine.
Spunti di riflessione personale
- In quali situazioni faccio fatica a testimoniare la mia fede per paura del giudizio o del rifiuto?
- Mi affido davvero allo Spirito Santo quando sono chiamato a difendere il Vangelo con le parole e con la vita?
Preghiera di oggi
Signore Gesù, Tu conosci la paura e la fragilità dei Tuoi discepoli. Donaci uno spirito forte e fedele, capace di testimoniare il Tuo nome senza vergogna. Quando siamo messi alla prova, parla Tu nel nostro cuore e sulle nostre labbra. Rendici perseveranti nell’amore, saldi nella fede e docili allo Spirito, perché, attraversando ogni difficoltà, possiamo giungere alla salvezza promessa. Amen.