In molti ambiti si festeggia il Natale escludendo Gesù: che sia qualcosa disbagliato lo afferma anche un mediatore culturale islamico.
È musulmano, ma difende il Natale cristiano. Nadeem Chaudhry fa il mediatore culturale e afferma chiaramente quanto sia assurdo e sbagliato censurare Gesù e farlo poi nel periodo del Natale. A margine dei vari casi di cronaca in cui è emersa una vera e propria censura nei confronti della persona di Cristo, oscurato, negato, non menzionato, in canzoni, recite scolastiche, immagini, ecco l’opinione di chi appartiene ad un’altra fede religiosa.
Chaudhry è nato in Pakistan 34 anni fa da una famiglia musulmana, ma è cresciuto in Italia e, in un’intervista a Il Resto del Carlino spiega apertamente la sua posizione in merito. Lavora nella provincia di Reggio Emilia ed è a contatto con gli immigrati indo-pakistani. Proprio in quella città è scoppiato il caso della censura dei riferimenti a Gesù nella canzoncina natalizia.
Il mediatore culturale islamico riconosce la censura di Gesù a Natale come cosa sbagliata
In una scuola primaria della città emiliana i bambini dovevano cantare Jingle Bells, ma le frasi relative a Gesù sono state modificate con un politically correct riferimento alla festa in modo vago e astratto. Nadeem Chaudhry ha dichiarato che censurare Gesù non è un atto di rispetto ma semplicemente “una resa“.
Ha usato proprio quest’espressione, che ci si aspetterebbe provenire da un cattolico conservatore, e invece, viene proprio da un musulmano. Ritiene che le motivazioni che hanno indotto la scuola a censurare Gesù sono assurde. Se lo scopo è non turbare e rispettare i bambini appartenenti ad altre confessioni religiose, si tratta semplicemente di qualcosa di ideologico, ma non di un rispetto che abbia un fondamento.

“Ma rispetto di chi, esattamente? E soprattutto, rispetto a quale idea di integrazione? Chi ha stabilito che l’identità di questo Paese debba essere limata, depurata, annacquata per risultare accettabile?” sono state le sue parole.
L’avanzare della cultura Woke, un problema anche per gli islamici
Non solo: il mediatore culturale si pone anche altri interrogativi su questo tipo di atteggiamenti fatti in nome di una presunta volontà di favorire l’integrazione. “Che tipo di integrazione è quella in cui un nome, un presepe o un simbolismo religioso può urtare così tanto la sensibilità delle persone, mostrando una totale intolleranza nei confronti delle tradizioni locali?” domanda in modo chiaro e diretto.
E aggiunge, analizzando la questione e spostandola al vero tema di fondo: “Sono davvero solo gli alunni stranieri a volerlo, oppure anche, e soprattutto una parte degli italiani accaniti contro la cultura e le radici italiane, armati e intrisi di Woke Culture?”
La cultura Woke è quindi la matrice di tutto, pensa così Chaudhry, sostenendo che invece si può parlare di vera integrazione quando si prendono i valori, le tradizioni e la cultura del Paese in cui si va a vivere semplicemente confrontandoli con i propri, ma non cercando di annullarli. La vera integrazione, infatti, non è favorita dal timore di mostrare ciò che si è da parte del Paese ospitante, ma dalla capacità di mettersi in dialogo con chi arriva da culture diverse.
Non si tratta di imporre niente a nessuno, dunque, ma tantomeno di rinnegare se stessi, in questo caso la fede, ma anche soltanto la cultura che permea una popolazione. Il risultato sarà che “Se continuiamo con questa furia della ‘Cancel Culture’, non ci sarà più confronto, perché mancherà sempre di più la parte ’italiana’” sostiene il mediatore.