Il 2 novembre la Chiesa ricorda tutti i fedeli defunti che ci hanno preceduto nel cammino verso la vita eterna. Non solo i nostri parenti o amici, ma anche tantissimi altri che sono venuti prima di noi e che non abbiamo conosciuto.
Il culto dei morti e la preghiera per i defunti è un qualcosa di insito nel nostro credo e nella nostra religione. Ma c’è un luogo, forse più di tutti quanti gli altri, che unisce il mistico alla tradizione, alla religione: il Cimitero delle Fontanelle.
Un luogo nel cuore di un’importante città che, almeno una volta nella vita, andrebbe visitato. Vediamo dove si trova.
Napoli: un cimitero del tutto particolare
Unire insieme il sacro e il profano, la tradizione, la storia ed il misticismo sembra un qualcosa di impossibile: invece, qui, in questo luogo, è possibile e come. Nel cuore della città di Napoli, nel quartiere della Sanità, la religiosità cammina di pari passo con la devozione e la tradizione, specialmente nel periodo che precede la Commemorazione dei Fedeli defunti.
Tutti, almeno una volta nella vita, hanno sentito parlare del Cimitero delle Fontanelle: un luogo molto particolare e che, come dice il suo nome, ha a che fare con il momento del passaggio dalla vita terrena a quella eterna. Sono stati anche tanti i santi che hanno visto la morte solo come un “momento di passaggio”, verso un qualcosa di migliore, quale la vita eterna nella piena contemplazione di Dio.
In questo Cimitero, però il misticismo e la religiosità si uniscono assieme: qui la città si ferma e prega per tutti coloro che l’hanno vissuta e che ci hanno preceduto ma che, purtroppo, hanno trovano la morte in tragiche condizioni. Un culto importante quello dei morti a Napoli. Il Cimitero delle Fontanelle raccoglie e custodisce i resti di oltre 40mila persone, vittime delle epidemie di peste che hanno colpito la città nell’anno 1656 e di quelle del colera dell’anno 1836.
Sono sepolti coloro che sono morti di epidemia o di peste
Una sorta di vero e proprio ossario che si espande su di una superficie di 3000 mq, situato nel vallone del rione Sanità, nella zona scelta per la necropoli pagana e più tardi per i cimiteri cristiani. Si tratta di uno spazio dove si trovano le cave di tufo della città ed è stato proprio lo spazio delle cave di tufo che è stato usato a partire dal 1656, anno della peste, che provocò almeno trecentomila morti nella sola città di Napoli.

Nel 1851, Il canonico Andrea de Jorio, racconta che tutti quelli che avevano i mezzi lasciavano disposizioni per farsi seppellire nelle chiese. Ma spesso, nemmeno nelle chiese vi era spazio sufficiente: questo portò i becchini, dopo aver finto di aderire alle richieste e aver effettuato la sepoltura, a notte fonda, a porre il morto in un sacco, caricarlo su di una spalla e andare a riporlo proprio in una delle tante cave di tufo presenti in città.
Tuttavia, in seguito alla improvvisa inondazione di una di queste gallerie, i resti vennero trascinati all’aperto portando le ossa per le strade. Fu allora che le ossa furono ricomposte nelle grotte, furono costruiti un muro ed un altare e questo luogo restò destinato ad ossario della città. Fu il parroco Gaetano Barbati che con l’aiuto del Cardinale Sisto Riario Sforza, eseguì una sistemazione dei resti secondo la tipologia delle ossa (crani, tibie, femori) e organizzò a mo’ di chiesa provvisoria la prima cava.
Il culto delle Anime Pezzentelle
Ciò che però maggiormente colpisce è quello che viene definito il culto delle “Anime pezzentelle”, ovvero la devozione e la “sistemazione”, in cambio di protezione, di un teschio umano (detta “capuzzella”) al quale corrispondeva un’anima del Purgatorio abbandonata. Una preghiera, quanto anche una vera e propria cura per tutte quelle anime dimenticate, a cui nessuno più dedica nemmeno un pensiero.

Sono davvero tanti i teschi “adottati” nel Cimitero delle Fontanelle, che hanno un piccolo altare a loro dedicato dove ci si ferma a pregare. Sono diversi i corridoi con le diverse “anime pezzentelle”: da coloro che sono morti a causa del colera, fino anche a coloro che sono morti per la peste. Il culto popolare così recita: “Adottare un teschio (o capuzzella), uno fra quei tanti resti mortali di queste povere persone morte durante le epidemie, pulirlo, poggiarlo o creargli un altarino e pregare per lui, agevolando così il passaggio dal Purgatorio alla Salvezza”.
Un luogo suggestivo che, almeno una volta nella vita, vale la pena di visitare.