Il 1700° anniversario del Concilio di Nicea, che ricorrerà nel 2025, diventa occasione di riflessione e di dialogo ecumenico.
A Rimini, durante l’incontro di fine agosto, il cardinale Kurt Koch e il patriarca Bartolomeo I hanno riportato l’attenzione su quel momento decisivo della storia della Chiesa, sottolineando come il credo formulato allora rimanga una base condivisa per tutte le comunità cristiane. Oggi, tra sfide e nuove prospettive, l’eredità di Nicea continua a offrire una via per il cammino verso l’unità dei cristiani.
Nicea, un punto di svolta per la fede cristiana
Il Concilio di Nicea, celebrato nel 325, segnò una tappa cruciale per la Chiesa. All’epoca, le dispute dottrinali minacciavano la coesione della comunità cristiana, in particolare con le posizioni di Ario, accusato di negare la piena divinità del Figlio di Dio. Come ha ricordato il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero per la promozione dell’unità dei cristiani, i Padri conciliari non solo condannarono quelle tesi, ma proclamarono con chiarezza la fede in Cristo “consustanziale al Padre”, ponendo così le basi del Credo che ancora oggi unisce le diverse confessioni.
Per Koch, il valore di Nicea non è solo storico. Il credo cristologico del concilio resta la piattaforma comune su cui poggia l’identità cristiana, prima delle fratture tra Oriente e Occidente e prima ancora della Riforma. Proprio per questo, la sua importanza ecumenica non va sottovalutata: l’unità della Chiesa, ha detto, si fonda sulla fede apostolica trasmessa nel battesimo e riconosciuta lungo i secoli come patrimonio condiviso.
Il cardinale ha inoltre ricordato che l’ecumenismo non è solo un dialogo teologico, ma anzitutto un movimento di preghiera. Dalla sua origine, infatti, il desiderio di ricomporre l’unità dei cristiani è stato sostenuto dalla supplica comune al Signore, convinti che sia lo Spirito Santo a guidare e completare il cammino. In quest’ottica, tornare a Nicea significa tornare alla sorgente stessa della fede: Gesù Cristo, unico fondamento dell’unità.
“Il futuro dell’ecumenismo – ha ribadito Koch – dipende dalla nostra capacità di riscoprire insieme la confessione di fede che i Padri conciliari hanno trasmesso. Solo così possiamo vivere oggi la preghiera di Cristo perché tutti siano una cosa sola”.

Pasqua e sinodalità: nuove sfide per il dialogo ecumenico
Anche il patriarca Bartolomeo I ha sottolineato la centralità di Nicea, ricordando come quel concilio abbia custodito nei secoli la fedeltà alla Scrittura e offerto una pietra angolare alla missione della Chiesa. Ma il leader ortodosso ha guardato anche alle sfide attuali, come la necessità di una data comune per la celebrazione della Pasqua.
“Se vogliamo essere credibili – ha spiegato – dobbiamo annunciare la Risurrezione nello stesso giorno”. L’impegno condiviso con Papa Francesco su questo tema ha portato alla creazione di una commissione di studio, anche se persistono sensibilità differenti tra le Chiese. Una Pasqua celebrata nello stesso giorno, ha aggiunto Bartolomeo, non solo avrebbe un forte valore pastorale per famiglie e comunità miste, ma rafforzerebbe la testimonianza della fede cristiana, mostrando che il cuore del cristianesimo è il Mistero pasquale.
Il patriarca ha inoltre posto l’accento sulla sinodalità come dimensione imprescindibile per l’ecumenismo. Documenti recenti, sia ortodossi sia cattolici, hanno riconosciuto che la Chiesa non può camminare verso l’unità se non in modo congiunto, rispettando la partecipazione di tutte le sue componenti. “La sinodalità – ha spiegato – non è un semplice metodo organizzativo, ma rivela la natura stessa della Chiesa e il suo modo di vivere la comunione”.
Bartolomeo ha concluso invitando a guardare a Nicea non solo come a un evento del passato, ma come a un esempio di discernimento e di dialogo che resta attuale. “La storia ci insegna – ha detto – che l’ecumenismo e la sinodalità devono essere portati avanti con rigore teologico e prudenza pastorale. Questo è il cammino che oggi siamo chiamati a percorrere insieme”.