Papa Leone XIV ha salutato gli oltre centomila fedeli radunati in piazza San Pietro dichiarando: “Sono un agostiniano”.
L’identità spirituale richiamata dal neo eletto card. Prevost si fonda sull’eredità di uno dei più influenti Padri della Chiesa, Sant’Agostino. Essere Agostiniani non significa solo appartenere ad un ordine religioso, ma adottare un modo di vivere cristiano incentrato sull’interiorità, sulla comunità e sull’amore della verità, che è Dio stesso.
La centralità della carità e della comunione
L’essere umano è creato per Dio (cfr. CCC 27), e solo in Lui trova il proprio compimento. Un concetto che rappresenta il cuore dell’esperienza agostiniana: “Ci hai fatti per Te, e inquieto è il nostro cuore finché non riposa in Te” (Confessioni, I, 1, 1). Un cammino di conversione continua, una conversio cordis, nella consapevolezza che la grazia di Dio precede, accompagna e sostiene ogni sforzo umano (cfr. CCC 1996-2001).
Per Sant’Agostino, la carità è il vertice della vita cristiana perché l’amore è la manifestazione più autentica della presenza divina. Essere Agostiniani significa amare Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22,37-39). Questa carità si concretizza nella vita comunitaria. Non bisogna vivere per sé stessi, ma in comunione con gli altri, nella condivisione di beni spirituali e materiali (cfr. At 4,32), secondo la Regola di Sant’Agostino: “Abbiate un’anima sola e un cuore solo protesi verso Dio”. La comunione fraterna diventa così segno visibile dell’unità che lo Spirito Santo opera nella Chiesa (cfr. CCC 820).
La ricerca della verità ed il primato della Parola
Sant’Agostino è doctor veritatis, dottore della verità. Non ci si può accontentare della superficie delle cose, ma bisogna comprendere la realtà alla luce della Parola di Dio. “Credo per comprendere, e comprendo per credere meglio” (Sermo 43,7): la fede non è contraria alla ragione, ma la eleva e la purifica (cfr. CCC 159). Lo studio delle Sacre Scritture è quindi fondamentale. Agostino diceva: “Ignorare le Scritture è ignorare Cristo” (cf. CCC 133). L’Agostiniano si nutre della Parola, la medita, la contempla, e la traduce in azione, cercando la verità che libera (cfr. Gv 8,32).

Papa Leone XIV: una spiritualità della speranza e della grazia
Sant’Agostino riconosce il peccato come una realtà profonda dell’esperienza umana, ma ancora più grande è la misericordia di Dio. “Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia” (Rm 5,20): questa è la lieta notizia del Vangelo che il vero cristiano testimonia quotidianamente con la propria vita.
La speranza cristiana non è evasione dal mondo, ma fiducia certa che ogni cosa concorre al bene per coloro che amano Dio (cfr. Rm 8,28). In questo delicato momento storico, profondamente segnato dallo smarrimento e dal relativismo, l’Agostiniano, si pone come testimone della Tradizione viva della Chiesa, offrendo al mondo un cuore abitato da Dio, capace di ascolto, di ragione illuminata dalla fede e di amore radicale, con un profondo senso della grazia e della speranza.
Papa Leone XIV nel suo primo breve discorso ha detto: “Sono un figlio di Sant’Agostino, agostiniano, che ha detto: “con voi sono cristiano e per voi vescovo”. In questo senso possiamo tutti camminare insieme verso quella patria che Dio ci ha preparato”. Una frase che ci offre una prima chiave della sua missione come successore di Pietro, guidare una Chiesa missionaria, aperta al dialogo, all’accoglienza ed all’amore per i bisognosi.
Una Chiesa che cammina mano nella mano, pronta ad affrontare le nuove sfide sempre alla luce della Parola di Dio perché solo “In Illo, uno unum” (In Colui che è Uno, siamo uno solo) che non a caso è anche il motto del suo stemma.