Lo si recita alla fine dell’anno: il Te Deum è l’antico e solenne inno liturgico di ringraziamento. La storia del grande canto di lode.
Il 31 dicembre si usa recitare il Te Deum laudamus, più conosciuto nella forma abbreviata di Te Deum. È l’antico inno di ringraziamento e lode alla Santissima Trinità e si usa in modo solenne per esprimere gratitudine, in particolare per l’anno appena trascorso. Le sue origini sono antiche. C’è un’attribuzione principalmente a Sant’Ambrogio e Sant’Agostino, ma con buona probabilità l’origine del Te Deum è legata al vescovo Niceta di Remesiana nel IV secolo.
Si narra che Ambrogio e Agostino lo intonarono insieme durante il battesimo di quest’ultimo a Milano nel 386, da cui il nome “inno ambrosiano”. La maggior parte degli studiosi attribuisce la versione finale a Niceta di Remesiana, che oggi è Bela Palanka in Serbia, vescovo nel IV secolo, che lo compose per la cristianizzazione dei suoi territori.
Te Deum: l’inno di lode e ringraziamento per esprimere la gratitudine per l’anno trascorso
L’inno del Te Deum è preghiera latina in prosa ritmica e si articola in tre sezioni. C’è una parte relativa alla lode al Padre, c’è la lode a Cristo Redentore e le suppliche tratte dai Salmi. Si conclude con una richiesta di salvezza. La prima parte fino a Paraclitum Spiritum, è una lode indirizzata al Padre. Letterariamente è molto simile ad un’anafora eucaristica, contenendo il triplice Sanctus.
La seconda parte, da Tu rex gloriæ a sanguine redemisti, è una lode, appunto, a Cristo Redentore. Nell’ultima parte, da Salvum fac, è un seguito di suppliche e di versetti tratti dal libro dei Salmi. Solitamente il Te Deum è parte integrante della Liturgia delle Ore, cantato al termine dell’Ufficio delle Letture (Mattutino) nelle solennità, feste e domeniche, escluse le domeniche di Quaresima.

Viene inoltre cantato in altre celebrazioni solenni: elezione di un nuovo papa, conclusione di concili, feste importanti. La sua bellezza e profondità lo hanno reso uno degli inni più amati e diffusi, mantenendolo vivo attraverso i secoli come preghiera di lode che bene esprime la gratitudine alla Santissima Trinità per tutte le grazie che continuamente elargisce e per gli eventi vissuti, lieti e dolorosi, perché “tutto è Grazia”.
Il rendimento di grazie in musica
Il Te Deum è generalmente cantato a cori alterni: al presbitero o celebrante risponde il coro e il popolo. Nella musica gregoriana si alternano le parole e il ritmo sommesso e privo di cambi ritmici. Il suono della campana dà inizio e fine al canto. Ma è stato musicato da una schiera numerosissima di compositori. Nel Cinquecento, sono celebri i Te Deum di Giovanni Pierluigi da Palestrina o di Tomás Luis de Victoria, che risultano profondamente armonici e classici, manifestando quella stessa armonia e bellezza che si riscontrano nell’arte del periodo.
C’è poi il Te Deum di Jean-Baptiste Lully che è gioioso e cromatico, incalzante. Si ricorda anche quello dal tono maggiormente solenne di Händel, e alla fine del ‘600 quello di Marc-Antoine Charpentier si è guadagnato il maggior successo, che dura tutt’oggi. Il Preludio del Te Deum H 146 in Re Maggiore fu composto per una chiesa parigina tra il 1688 e il 1698, probabilmente il Collegio dei Gesuiti della chiesa di Saint Louis-le-Grand in rue Antoine.