Il brano del Vangelo di oggi ci porta davanti alla figura di Giovanni il Battista, uomo libero e totalmente consegnato alla missione ricevuta da Dio.
Gesù lo definisce il più grande tra i nati da donna, riconoscendone il ruolo unico nella storia della salvezza: il precursore che prepara la strada al Messia. Eppure, subito dopo, sorprende tutti affermando che anche il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di Giovanni. In questa tensione tra grandezza e piccolezza, tra forza e umiltà, il Signore ci svela il mistero del Regno: un dono che non si conquista, ma si accoglie.
Dal Vangelo secondo Matteo 11,11-15
In quel tempo, Gesù disse alle folle: «In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono. Tutti i Profeti e la Legge infatti hanno profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elìa che deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!».

La riflessione sul Vangelo di oggi
Gesù non esita ad affermare: «Fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista» (Mt 11,11). Le Sue parole riconoscono la missione di Giovanni come culmine della profezia dell’Antico Testamento. Egli è la “voce” che grida nel deserto (Is 40,3), il profeta che indica l’Agnello di Dio (Gv 1,29), il ponte tra la promessa e il suo compimento. Giovanni è grande non per potere o successo, ma per la sua trasparenza radicale: tutto in lui rimanda a Cristo, niente trattiene per sé.
Poi Gesù cambia prospettiva: «Il più piccolo nel Regno dei cieli è più grande di lui». Non diminuisce Giovanni, ma innalza coloro che accolgono la nuova alleanza. Grande è chi entra nel Regno, non per merito, ma per grazia. Giovanni annuncia il Messia, ma chi incontra Cristo morto e risorto, chi vive di Lui nei sacramenti e nella comunione della Chiesa, partecipa ad una grandezza ancora più alta: quella dei figli di Dio (Rm 8,14-17).
La frase: «Il Regno dei cieli subisce violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11,12) richiede un discernimento spirituale. Non parla di aggressività, ma della santa determinazione di chi, sostenuto dalla grazia, lotta contro ciò che trattiene il cuore: pigrizia, paura, compromessi, peccato. È la stessa forza che Paolo descrive quando dice: «Combatti la buona battaglia della fede» (1Tm 6,12). È una “violenza” che riguarda prima di tutto se stessi: rinunciare a ciò che impedisce di essere liberi.
Gesù conclude dicendo che Giovanni è il nuovo Elia (Ml 3,23), colui che doveva venire per preparare il popolo. In lui si realizza la fedeltà di Dio alla promessa antica. E oggi lo stesso Signore ci ripete: «Chi ha orecchi, ascolti!» (Mt 11,15). Perché anche noi siamo chiamati a riconoscere i segni della Sua venuta nelle nostre vite.
Il magistero ricorda che ogni cristiano è inviato come testimone, chiamato a preparare la strada al Signore nella storia presente con la parola e con la vita. La missione profetica non appartiene solo ai grandi personaggi biblici: è consegnata a ciascuno attraverso il Battesimo e si esprime nella fedeltà quotidiana, nell’umiltà e nel coraggio del bene.
Spunti di riflessione personale
- Quali “resistenze interiori” mi impediscono di accogliere pienamente Cristo ed il Suo Regno?
- Vivo la mia fede come testimonianza che prepara la strada al Signore anche per gli altri?
Preghiera di oggi
Signore Gesù, che hai riconosciuto in Giovanni un grande profeta, dona anche a me un cuore disponibile e coraggioso. Libera il mio spirito da ciò che lo appesantisce e rendimi capace di scegliere il bene con decisione e amore. Fa’ che nella mia vita si apra un varco per la Tua luce e che io possa diventare un piccolo segno della Tua presenza nel mondo. Amen.